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UNA VERGOGNOSA ODISSEA

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L’Editoriale di Gian Roberto D’Ulisse

Ci sono stati nel corso degli anni, svariati rapimenti di connazionali che più o meno avventatamente, si sono recati in zone “calde e pericolose”. Ci sono stati rapimenti di inviati e/o giornalisti come la Sgrena che ha visto il tributo di sangue dell’agente Caliari, oppure quello di Ilaria Alpi avvenuto a Mogadiscio. Ce ne sono stati anche altri di giornalisti e/o reporter stranieri, cosi come ci sono stati casi nei quali, con cifre più o meno elevate, sono state liberate donzelle, più o meno meritevoli di essere riportate a casa.

Per liberare Greta Ramelli e Vanessa Marzullo, le due oche giulive consapevolmente recatesi a sostenete i ribelli arabi, Roma avrebbe pagato un riscatto di oltre 11 milioni di dollari, mentre per Silvia Romano, la convertita all’Islam, è stato pagato ai suoi amici ed al suo consorte, un riscatto milionario che dicono, sia stato di 4 milioni di euro, cifra mai confermata.

Varie volte nel corso degli anni, è accaduto che pescherecci sconfinassero in acque territoriali di altri Paesi, ma dopo gli interventi della diplomazia, i nostri connazionali hanno fatto ritorno alle loro famiglie. Ma avevamo alla Farnesina dei Diplomatici, non “Giggino ‘o bibitaro”!! ed avevamo uomini politici degni di questo appellativo, non gli attuali incapaci rossostellati.

Sono oramai trascorsi quasi 3 mesi da quando i nostri 18 pescatori di Mazara del Vallo sono stati fermati dalle motovedette di Haftar e condotti in Libia.

Da allora, per i nostri connazionali c’è stata solo una telefonata giunta ai disperati parenti da parte dei membri dei due equipaggi e “Giggino ‘o bibitaro” ha avuto anche il barbaro coraggio di farsene immeritatamente vanto!!

Tutto è iniziato poche ore dopo che il ministro degli Esteri giallorosso Luigi Di Maio, aveva lasciato la Libia. Era andato ad incontrare il premier Fayez Al Sarraj e poi in Cirenaica, era andato ad omaggiare il presidente del parlamento, Aguila Saleh. Aveva ossequiato quelli che riteneva i capi libici, “dimenticandosi” il vero “uomo forte”: il generale Haftar.

Difficile stabilire se l’azione delle motovedette del generale Haftar partite da Bengasi per intercettare i pescherecci italiani sia stata premeditata o figlia dell’irritazione del Rais della Cirenaica per essere stato snobbato da Di Maio, fatto sta che alle 21:26 di quello stesso 1 settembre, quattro pescherecci erano stati raggiunti da una motovedetta libica con a bordo miliziani armati e due di quei pescherecci, sono stati costretti a proseguire il viaggio verso Bengasi. Lanciato l’allarme, ci si aspettava un intervento della nostra Marina Militare, ma qualcuno, forse sperava di poter risolvere come già accaduto altre volte, quando marinai di pescherecci italiani erano stati portati in Libia e poi rilasciati nel giro di poche ore.

Da quel momento però, sono trascorsi 80 giorni ed i marinai sono ancora all’interno di un carcere non lontano da Bengasi. Va ricordato che Haftar, ha il dente avvelenato verso l’esecutivo italiano che fino a non molto tempo addietro, aveva contatti diretti (tanto da riceverlo con tutti gli onori anche a Palazzo Chigi), mentre ora ha scelto di interloquire con altre figure della diplomazia libica.

Da Bengasi è arrivata la proposta di uno scambio dei 18 pescatori con 4 ragazzi libici detenuti in Italia ed accusati di essere scafisti, ma lo scambio è stato rifiutato. Si auspica che tra mediazioni e riserbo, possa arrivare al più presto la notizia che finalmente per le 18 famiglie di pescatori, finisca questo tormentato incubo.

Per l’Italia si tratterà comunque di uno smacco: il non aver saputo difendere e successivamente, riportare subito a casa i nostri pescatori. Sarebbe opportuno che la nostra Marina Militare sia schierata a difesa dei confini e degli interessi nazionali, invece di essere utilizzata come taxi per gli invasori in arrivo dal mare.

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