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Il DPCM questo sconosciuto

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A cura dell’Avv. Alessandra Orrico

In questi giorni, sta facendo scalpore una sentenza del GUP di Reggio Emilia che ha stabilito che tutti i DPCM del Governo per contenere la pandemia e le limitazioni agli spostamenti in essi contenuti, sono “illegittimi per violazione della legge Costituzionale”.

Una rondine non fa primavera si potrebbe dire, ma bisognerà attendere un po’ prima di capire bene come stanno le cose. Intanto però, vi spiego il problema.

Il sistema giuridico italiano è soprannominato di civil law.

I sistemi di civil law hanno la caratteristica comune di derivare, nel loro nucleo centrale, dall’antico diritto romano e sono contraddistinti dal ruolo preminente della legge come fonte primaria del diritto e dalla codificazione, ossia dal fatto che le norme sono inserite nei codici o in corpi normativi. Ora, la fonte di produzione di norme giuridiche per eccellenza è naturalmente la Costituzione.

Al di sotto della Costituzione e delle leggi costituzionali si pongono le fonti primarie. La legge rappresenta tuttora, la principale fonte a competenza generale. Al di sotto delle fonti primarie ci sono le fonti secondarie. Fonte secondaria per eccellenza, è il regolamento governativo. Eccoci arrivati al DPCM.

Partiamo dall’acronimo DPCM, ossia Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri.

Cos’è un decreto ministeriale? Un decreto ministeriale è un provvedimento amministrativo, un regolamento, emanato da un ministro nell’esercizio della sua funzione: quando viene emanato direttamente dal premier, prende la denominazione di Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri. DPCM, appunto.

E’ importane sapere che il DPCM non può MAI derogare alla Costituzione o ad atti aventi forza di legge. Inoltre, non si può affidare ad un DPCM un’incriminazione penale, questo perché è la stessa Costituzione che stabilisce che nessuno può essere punito se non in forza di una legge”. Il decreto ministeriale è uno strumento sempre esistito, ma poco usato fino alla pandemia di Covid-19.

L’aspetto fondamentale è che i decreti ministeriali devono necessariamente essere autorizzati da una legge. Nel caso che ci interessa, la legge che ha autorizzato i vari DPCM, è stato prima il decreto legge 6/2020 e poi il decreto legge 19/2020. Si tratta di leggi che hanno elencato i principi fondamentali da seguire e che poi hanno delegato il ministro o i ministri competenti o come nel nostro caso il Presidente del Consiglio dei Ministri, all’attuazione degli stessi.

Il DCPM è stato utilizzato perché entra in vigore immediatamente ed è di rapida emanazione, in quanto necessitano solo del Presidente del Consiglio. Il problema però, sta esattamente qui.

Il problema è cioè, che i vari DPCM, hanno inciso su diritti e libertà fondamentali degli individui, sancite dalla Carta Costituzionale, come la libertà di circolare sul territorio o di riunirsi e queste limitazioni sono state poste con un provvedimento che abbiamo visto, ha natura di fonte secondaria e soprattutto che ha la caratteristica di sfuggire sia ad un controllo preventivo da parte del Presidente della Repubblica, che ad uno successivo da parte del Parlamento.

Naturalmente i DPCM avevano alla base delle leggi dello Stato, il che li ha resi legittimi, ma secondo il GUP di Reggio Emilia, questo non basta. Perché secondo il GUP, il DPCM “stabilendo un divieto generale e assoluto di spostamento al di fuori della propria abitazione, con limitate e specifiche eccezioni, configura un vero e proprio obbligo di permanenza domiciliare”.

Tuttavia, continua il GUP nel nostro ordinamento giuridico, l’obbligo di permanenza domiciliare consiste in una sanzione penale restrittiva della libertà personale che viene irrogata dal giudice penale, per alcuni reati all’esito del giudizio (o in via cautelare, in una misura di custodia cautelare disposta dal giudice, nella ricorrenza di rigidi presupposti di legge) e in ogni caso, nel rispetto del diritto di difesa”.

Ed è a questo punto che il giudice reggiano chiama in causa l’articolo 13 della Costituzione, secondo cui le misure restrittive della libertà personale possono essere adottate solo su atto motivato dall’autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge e non certo con un DPCM che come abbiamo visto sopra, non può mai derogare a Norme Costituzionali.

La questione è controversa e lo rimarrà a mio avviso, fintanto che la questione non sia rimessa alla Corte Costituzionale. E allora sì che ci sarà la rondine che può fare primavera!

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